martedì 6 novembre 2007

#_33


BLAST
è un’area industriale dismessa della costa Adriatica, a nord di Ancona. Su una superficie di oltre 18 ettari, incuneata tra la statale 16 e la ferrovia, scorrono i monumentali edifici che ospitavano la produzione di concimi chimici, avviata all’inizio dello scorso secolo (1). Come la gran parte degli insediamenti industriali dell’epoca, la collocazione geografica assumeva un valore strategico in relazione al sistema viario di cui entrava a far parte (2). La via marittima da un lato e quella ferroviaria, dall’altro, garantivano la fluidità dei trasporti delle materie prime, in entrata, e dei prodotti finiti, in uscita. Attiva fino alla fine degli anni ’80, la fabbrica giace ora in stato di abbandono, in attesa venga definitivamente portata a termine l’azione di bonifica del terreno e definiti i criteri di recupero di alcune strutture lignee di alto pregio architettonico. Se i tempi della riqualificazione urbanistica si sono dilatati oltre ogni sensata misura di valorizzazione sociale, turistica ed economica del territorio, occorre rilevare che, frattanto, gli edifici più facilmente abitabili, come la palazzina della Direzione o le residenze operaie oltre il perimetro sud, sono stati, in più occasioni e ripetutamente nel tempo, utilizzati come dimora provvisoria da sbandati, nomadi e migranti clandestini. Il fenomeno dell’occupazione abusiva, quanto mai di attualità in questi tempi di profonde e complesse trasformazioni socio-economiche a carattere globale (3), in cui alla condizione di precarietà esistenziale assunta da fasce sempre più ampie di popolazione nazionale – estromessa o rigettata, a diverso titolo, dal lavoro attivo - si vanno ad aggiungere i poveri del mondo (4), attratti dallo sfavillio delle merci d’Occidente, è diventata una diffusa modalità abitativa, specie nelle periferie metropolitane. Tanto che non è difficile riconoscervi, oltre i sintomi di un malessere sociale diffuso, pure il luogo di invenzione e produzione di nuove forme-categorie culturali, specificatamente legate all’universo giovanile, anch’esso travolto, sia pure con effetti di prospettiva, dal disagio della condizione post-modena (5). Entro questo quadro, dai contorni assai incerti, liquidi direbbe Bauman (6), si colloca il lavoro di ricerca in chiave antropologico-visiva (7) qui rappresentato da una selezione di immagini fotografiche che raccontano, attraverso la specificità del proprio linguaggio, il fascino estetico del manufatto industriale dismesso e le vicende di quanti, frequentandolo alla stregua di un hotel per derelitti, vi hanno lasciato traccia di sé. Il termine BLAST – graffito che compare su una parete interna, al piano terra di quel che resta del reparto impasto – è di natura polisemica poiché, oltre a significare combustione di processo nel gergo tecnico (8), rappresenta la grafia chiusa di un asciutto simbolo di ribellione giovanile ad ascendenza metropolitana (9). E ciò, nella nostra visione, mette in risalto il valore estetico delle rovine. Solo in esse perdiamo l’illusione di possedere il nostro tempo. Il dramma è: come non esserne schiavi? Ovvero, come essere padroni del nostro tempo, senza che altri, od altro, se ne approprino? La risposta non è univoca, ma a noi piace pensare, e dire, che nell’effrazione della lingua e nella rivoluzione sensibile dei significati sia contenuto il segreto individuale - questo sì - di tale ricerca. Altrettanto individuale sarà la risposta, ma diffonderla e condividerla significa attuare un processo di comunicazione senza barriere di luogo, di tempo e di spazio. L’azione, come un colpo di teatro, si compie qui ed ora, ma dilata le sue energie ovunque ci sia un recettore capace di captarne le mosse. E’ l’invisibile ma attivo potere dell’intelligenza collettiva (10) della Rete, luogo virtuale dove anche la nostra sensibilità estetica ha scovato delle affinità (11) e ricavato un’area di connessioni identitarie (12) che confermano l’opportunità di una ricerca analitica in materia di Estetica delle Rovine (13).



NOTE

(1) Campana Giuseppe, Giacomini Ruggero, Il sito ex Montedison.Storia, situazione, prospettove di recupero, Comune di Falconara Marittima, 2006
(2) AAVV, La macchina arrugginita, Feltrinelli, 1983
(3) Bauman Zigmunt, Dentro la globalizzazione, Editori Laterza, 1999
(4) Bauman Zygmunt, Vite di scarto, Editori Laterza, 2005
(5) Bauman Zigmunt, Il disagio della postmodernità, Bruno Mondadori, 2002
(6) Bauman Zigmunt, Modernità liquida, Editori Laterza, 2004
Bauman Zigmunt, Modus vivendi. Inferno e utopia nel mondo liquido, Editori Laterza, 2007
(7) Canevacci Massimo, Antropologia della comunicazione visuale, costa&nolan, 1995
(8) Sui significati del termine inglese BLAST, si veda: http://en.thinkexist.com/

Blast Meaning and Definition
1. (v. t.) To rend open by any explosive agent, as gunpowder, dynamite, etc.; to shatter; as, to blast rocks.
2. (n.) A flatulent disease of sheep.
3. (n.) A violent gust of wind.
4. (n.) The exhaust steam from and engine, driving a column of air out of a boiler chimney, and thus creating an intense draught through the fire; also, any draught produced by the blast.
5. (v. t.) To injure, as by a noxious wind; to cause to wither; to stop or check the growth of, and prevent from fruit-bearing, by some pernicious influence; to blight; to shrivel.
6. (n.) A sudden, pernicious effect, as if by a noxious wind, especially on animals and plants; a blight.
7. (v. i.) To blow; to blow on a trumpet.
8. (v. t.) Hence, to affect with some sudden violence, plague, calamity, or blighting influence, which destroys or causes to fail; to visit with a curse; to curse; to ruin; as, to blast pride, hopes, or character.
9. (v. t.) To confound by a loud blast or din.
10. (n.) A forcible stream of air from an orifice, as from a bellows, the mouth, etc. Hence: The continuous blowing to which one charge of ore or metal is subjected in a furnace; as, to melt so many tons of iron at a blast.
11. (n.) The sound made by blowing a wind instrument; strictly, the sound produces at one breath.
12. (n.) The act of rending, or attempting to rend, heavy masses of rock, earth, etc., by the explosion of gunpowder, dynamite, etc.; also, the charge used for this purpose.
13. (v. i.) To be blighted or withered; as, the bud blasted in the blossom.
(9) Branzaglia Carlo, Marginali, Iconografia delle culture alternative, Castelvecchi, 2004
(10) Lévi Pierre, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996
Lévy Pierre, Cybercultura, Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, 1997
Dewdney Christopher (a cura di), Derrick de Kerckhove. La pelle della cultura. Un’indagine sulla nuova realtà elettronica, Feltrinelli, 1996
(11) http://www.99rooms.com
(12) Per connessioni identitarie, magari suggestionati da titolo di una delle rare esposizioni italiane di net-art (Connessioni Leggendarie, Mediateca di Santa Teresa, Milano, 2005), facciamo riferimento alla biblioteca di link che, in appendice, va sotto il nome, per l’appunto, di connessioni identitarie.
(13) La riflessione filosofica sulla materia estetica data pochi secoli della nostra storia e non è che fossero mancati, già dalle origini, pretesti o spunti concreti cui attribuire dignità accademica, se non rigore scientifico. Basti pensare alla fortuna degli studi storico-archeologici. Tuttavia, si vuole qui rimarcare come sia stato di scarsa rilevanza per la disciplina Estetica moderna e contemporanea il tema delle rovine industriali. Da alcuni anni, però, in ragione anche dei rapidi mutamenti indotti dal progesso tecnologico, fioriscono più numerosi i tentativi di rendere sistematica l’emergenza strabordante delle nuove forme artificiali. In ogni caso, il riferimento teorico imprescindibile è e rimane ancora oggi il contributo datato (1966) del breve saggio di Walter Benjamin sulla “Fotografia nell’Epoca della sua riproducibilità tecnica” edito da Einaudi.
Ricordiamo: Ave Appiano, Estetica del rottame, Meltemi, 1999; Lea Vergine, Quando i rifiuti diventano arte, TRASH rubbish mongo, Skira, 2006

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